SETTE ANNI DI MAGIE


GRAZIE


NOSTRO GRANDE INVINCIBILE EROE




HO VISTO MARADONA



"Stanotte Napoli non dorme, aspetta il sì di Maradona", titolava la Gazzetta dello Sport il 30 giugno 1984; alle 24,00 si chiudeva la sessione estiva di quella campagna trasferimenti e il lungo tira e molla con il Barcellona per portare il fuoriclasse argentino a Napoli era arrrivato, per forza di cose, al punto di non ritorno.
o no.
Il presidente del Napoli, ing. Corrado Ferlaino, quella sera volò in Spagna, non prima di aver depositato in Lega una busta vuota; aveva già intuito che l'operazione si sarebbe conclusa fuori tempo massimo. Ed infatti Diego firmò soltanto la mattina del 1° luglio.
A quel punto, con la complicità di una guardia giurata con accento napoletano, un uomo di fiducia del presidente sostituì la busta precedentemente consegnata, con quella contenente il contratto.
Cinque giorni dopo il campione argentino era già a Napoli:
cominciava una lunga, vera, infinita storia d'amore.

Vivevo a Roma durante le prime due stagioni di Diego in maglia azzurra, 4° e 5° superiore frequentate in un istituto tecnico a Colli Albani, in una classe equamente divisa -come è giusto che fosse- tra romanisti e laziali. Il 24 febbraio ero al San Paolo per assistere al 4-0 di Napoli-Lazio con... 5 goal di Maradona (compreso quello di di mano, annullato)
"Formidabile esibizione dell'asso argentino, la Lazio affonda
VEDI DIEGO E POI MUORI"

titolò "Il Mattino" il giorno dopo. Che orgogliosamente sventolai in classe.

Il 10 maggio 1987 è la data che ha scelto la storia per il Grande Evento ed, io quel giorno, al San Paolo c'ero.

Come pure all'Olympiastadion di München il 19 aprile 1989, per assistere alla semifinale di Coppa Uefa. Il Napoli in Baviera per difendere il 2-0 conquistato in casa, con due assist di Maradona.
Altri tempi, senza internet. Ma esisteva un treno diretto Napoli-Monaco, l'espresso 286, tutti i giorni alle 18,53; partii la domenica 16 aprile e proseguii direttamente per Norimberga, per far visita ad Hans, il mio amico insegnante di latino e greco in un liceo di Erlangen. Onorai l'invito di seguire una sua lezione, ma la mia attenzione rivolta alle studentesse, piuttosto che alle sue parole...

Il giorno della partita arrivai a Monaco nelle prime ore del mattino. In un'atmosfera accogliente, decine di migliaia di sostenitori azzurri, provenienti da ogni parte d'Europa, continuavano ad invadere, pacificamente, la città.
Allo stadio con il metrò, a me stupiva leggere sul biglietto che fosse indicato il numero di posto a sedere: Block F1 Reihe 6 Platz 14; inimmaginabile al San Paolo a quei tempi, nemmeno in tribuna. Tutta esperienza. Naturalmente non fu possibile sedermi al mio posto e la partita la vidi, come al San Paolo, in piedi.
Nonostante la sconfitta dell'andata, tra i supporters bavaresi prevaleva la convinzione, per niente celata, di poter ribaltare il risultato dell'andata; sotto la loro curva, dalla parte opposta alla nostra, nei minuti antecedenti l'inizio della partita, avevano persino organizzato un rumoroso concerto rock. E sulle note di "Life is Life", Maradona ne approfittò per un leggendario riscaldamento, con gli scarpini slacciati, a ritmo di musica. Quel "barilete cosmico" rovinò loro la serata.



Finalmente il fischio d'inizo. Tedeschi, come prevedibile, all'arrembaggio; noi difesa e contropiede, con ripetuti show di Diego, fermato con le buone e, spesso, le cattive. Una sua strepitosa punizione li fece tremare, salvati da una fenomenale parata di Aumann che nulla potè, un paio di minuti dopo, quando su cross di Careca, l'argentino, 165 cm, si elevò tra SETTE maglie rosse, mettendo di testa il pallone in rete.
Il tripudio nella curva occupata dai napoletani: urla, abbracci, gioia, commozione. Quel goal, dopo solo 20 minuti, di fatto chiudeva i conti. Al Bayern, a quel punto, sarebbero servite quattro reti per passare il turno, impossibile contro quel Napoli.
"Ma, diamine, un po' di contegno". "La partita è ancora lunga",
pensavo con la consapevolezza di aver già vinto.
E quando il mio sguardo fu di nuovo rivolto verso il campo, il Bayern era di nuovo nella nostra metà campo.
Giuliani parava e parava ancora, Renica respingeva di piedi e di testa, Fusi un muro, De Napoli una roccia, Alemao due polmoni ferro....
Però il tabellone segnava ancora zero a zero.
"BUFFONI! Aggiornate il punteggio!!"
Ma una voce mi gela:
"Guarda che il goal è stato annullato"
"Come Annullato? Chi? Quando? Perchè?..."
"Fuorigioco"
Ci sarà da soffrire, maledizione. Ma, intanto, resistiamo: è zero a zero alla fine del primo tempo.

Si riparte e non cambia il canovaccio. Loro attaccano, ma noi abbiamo Diego.
Al 61', Nachtweih, il biondo terzino destro, svirgola una palla nei pressi della sua area di rigore. In agguato Diego la fa sua e regala un assist a Careca. Il centravanti brasiliano, al posto giusto, nel momento giusto deve solo spingerla in rete.
Di nuovo il tripudio, ma stavolta non staccherò lo sguardo dal campo. Si riprende con la palla al centro, è goal, è goal!
Bayern 0 - Napoli 1, conferma pure il tabellone.
Nemmeno il tempo di riprendere fiato e i tedeschi pareggiano; bisogna ancora stringere i denti. Il tempo sembra non passare mai, finché al 76' il solito perfetto assist da sinistra di Diego lancia Careca che s'invola verso la porta avversaria e fulmina Aumann.
La festa può cominciare.
Le lacrime, uscendo dallo stadio, in direzione Marienplatz. Lacrime di gioia.

Ieri, caro Diego, mi hai fatto piangere ancora. Stavolta, purtroppo, lacrime di dolore. Un dolore lancinante. Mi ha lasciato uno di famiglia.
Hanno detto, dicono e diranno il contrario, ma si sarebbero tagliati un piede per averti visto giocare con le loro brutte maglie a strisce.
E, invece, TU hai scelto la NOSTRA maglia azzurra. E ci sei sempre rimasto fedele. Per questo, e per tutto il resto, grazie.
Grazie, NOSTRO grande invincibile eroe, grazie.

GRAZIE






Diego Armando Maradona, il più grande calciatore di tutti i tempi, nasce a Lanus, nella provincia argentina
di Corrientes, il 30 ottobre 1960. La sua famiglia si trasferisce presto a Buenos Aires, nel quartiere periferico di Paternal, dove inizia a dare i primi calci al pallone.
A nove anni passa nei "cebollitas" dell' Argentinos Juniors e a sedici anni esordisce in prima squadra:
era il 20 ottobre 1976.



Nel 1979 è il capitano della nazionale dell'Argentina Juniores che vince a Tokyo la Coppa del Mondo di categoria, battendo in finale 3-1 l'Urss. Nel febbraio del 1981 passa dall'Argentinos al Boca Juniors, debuttando con la nuova squadra il 22 febbraio.

Un anno dopo inizia la sua avventura in Europa passando nelle file del Barcelona in cui debutta in campionato il 5 settembre 1982: 5-1 contro il Valencia. Ma in Catalogna non riesce a dare il massimo anche perché viene massacrato dai difensori spagnoli: contro il Saragozza distorsione alla rotula del ginocchio sinistro; contro il Real Sociedad rottura parziale dei legamenti del ginocchio sinistro; contro l'Atletico Bilbao, Goicoechea gli rompe tibia e perone della gamba sinistra. E resto' a lungo fermo a causa di una epatite virale.
Nonostante tutto riesce comunque a brillare vincendo la Coppa del Re e la Coppa di Lega nel 1983.




Nella storia, Diego, entrò di diritto nel mondiale giocato in Messico nel 1986, guidando al trionfo la sua non eccelsa nazionale. Gli stessi giornalisti argentini ("frittelle"...) erano convinti che la selección non avrebbe superato il primo turno.
Probabilmente venti delle ventiquattro nazionali partecipanti a quell'edizione, con Diego in squadra, avrebbero vinto la competizione.
E le altre quattro sarebbero arrivate in semifinale. Anche il Canada, pure l'Iraq...

La partita iconica resterà per sempre quella dei quarti di finale Inghilterra-Argentina. I britannici avevano da poco umiliato gli argentini nella battaglia delle Malvinas/Falkland e Diego inventò quei due goal, malandrino il primo, il più bello della storia del calcio, il secondo che, in qualche modo rappresentarono una sorta di rivincita
Contestualmente resta nella storia il memorabile racconto in diretta del telecronista argentino Victor Hugo Morales:



"Ahí la tiene Maradona, lo marcan dos.
Pisa la pelota Maradona.
Arranca por la derecha el Genio del Fútbol Mundial, Y deja el tendal y va a tocar para Burruchaga,
Siempre Maradona! ¡Genio! ¡¡Genio!! ¡¡¡Genio!!!
Tá-tá-tá-tá-tá...
¡¡¡Gooooooooooooll!!! ¡¡¡Goooooooooooll!!!
Quiero llorar, Dios Santo! ¡¡Viva el Fútbol!!
¡Golaaaaaaazo!, ¡Diegoooool!, ¡Maradona! Es para llorar, perdonenmé .
Maradona, en una corrida memorable, en la jugada de todos los tiempos,
Barrilete Cósmico... ¡¿De que planeta viniste?!
Para dejar en el camino a tanto inglés,
para que el país sea un puño apretado gritando por Argentina.
Argentina 2, Inglaterra 0. ¡Diegol! ¡Diegol! ¡Diego Armando Maradona!
Gracias Dios, por el fútbol, por Maradona, por esas lagrimas.
Por este Argentina 2, Inglaterra. 0"

VICTOR HUGO MORALES




Il Napoli acquistò le prestazioni sportive di Maradona nel giugno del 1984, al termine di una lunga trattativa con il Barcelona portata avanti con tenacia da Antonio Juliano che si concluse felicemente soltanto all'ultimo istante.

"Stanotte Napoli non dorme, aspetta il sì di Maradona"
, titolò la Gazzetta il 30 giugno.

Probabilmente il suo tesseramente, formalmente, non fu regolare: il termine per la consegna dei contratti in lega era fissato per le ore 24,00 del 30 giugno, ma il Napoli non avrebbe fatto in tempo.
Si narra che Ferlaino, la sera del 30 giugno, consegnò in lega una busta vuota dichiarando che contenesse in contratto di Maradona; grazie alla complicità di una guardia giurata all'alba del 1° luglio quella busta fu sostituita con quella che conteneva il documento firmato.



Diego giunse in città per la prima volta il pomeriggio del 5 luglio; ad accoglierlo al San Paolo almeno sessantamila napoletani impazziti accorsi per salutarlo:
iniziavano i "sette anni magici" del Napoli.