NAPOLI-PORTICI

"I nove minuti che fecero la storia"


Non solca solo campi, ma anche giardini e ville deliziosissime di ricchi signori, sparse in quei luoghi ameni, per cui diventa assai piu' ridente il cammino: ne' forse a un viaggiatore e' dato di trascorrere piaggie piu' gioconde e svariate di queste, aventi il mare da un lato coll'aspetto della popolosa
Napoli che s'incurva sulla marina a destra e termina nel mare col basso capo di Posillipo, mentre dirimpetto cingono altra parte del golfo le coste" della penisola sorrentina e la scogliosa isoletta di Capri



L'eco della straordinaria invenzione di Stephenson arrivò anche in Italia e il Re Ferdinando II di Borbone, che sosteneva di amare il progresso, non seppe resistere alla tentazione di vedere, anche nel suo regno -Il Regno delle due Sicilie- correre il treno:
"un mostro nero di ferro che si alimenta di carbone e sputa fumo",
lo descriveva chi lo aveva visto, o, forse, soltanto immaginato.

L'iniziativa parti' dall'ingegnere francese francese Armand Bayard de la Vingtrie che riuscì a convincere il Re evidenziando il vantaggio che questo mezzo avrebbe portato per spostare rapidamente le truppe e, soprattutto, la maggiore facilita' per trasportare le ricchezze minerarie dai giacimenti in citta'. Qualcuno insinuò che la vera motivazione che convinse il Sovrano fu che con il treno egli avrebbe raggiunto più facilmente le sue residenze di campagna, ma tant'è: "ben venga risultato giusto con procedimento sbagliato"...
Nel 1836 fu sancita la convenzione mediante un decreto in ventitré articoli in cui, tra l'altro, si autorizzava il Bayard "a costruire a sue spese, rischi e pericoli, una Strada di ferro da Napoli a Nocera, con un ramo per Castellammare e con la facoltà di prolungarlo verso Salerno ed Avellino.

Il 27 marzo 1838 fu presentato il progetto particolareggiato per la linea fino a Portici di 7.406 metri, di cui 3.800 in rettilineo, fino alla prima stazione "Granatello". Nonostante i problemi tecnici i lavori furono eseguiti celermente ed il 3 ottobre 1839, dopo due rinvii, in una splendida giornata di sole, la Napoli-Portici fu inaugurata.
Nei giorni immediatamente precedenti le mura di Napoli furono tappezzate di manifesti che annunciavano l'evento e alcuni fortunati ricevettero direttamente a casa l'elegantissimo biglietto d'invito stampati -a spesa del Bayard- dalla Stamperia Reale.
Alle 10 del mattino di quel 3 ottobre 1839 da Napoli partiva il primo treno, un convoglio composto da una locomotiva "Bayard" (evidentemente dal nome dell'ingegnere che l'aveva costruita), ribattezzata "Vesuvio" (evidente anche questo...), e da nove carrozze;
nove minuti e mezzo il tempo necessario per percorrere il tragitto tra una folla festante.
Non essendo ancora completata la stazione di Napoli, il Re delle Due Sicilie, Ferdinando II, aspettò il treno presso la Villa Carrione a Granatello sotto un grandioso padiglione ornato di arazzi e velluti.

Il successo di questo nuovo, innovativo mezzo di trasporto, fu immediato; si legge che nei primi quaranta giorni, pare abbiano viaggiato 85.000 persone.
Nell'estate del 1840 furono raggiunte Resina e Torre del Greco e, due anni dopo si inaugurava la strada ferrata per Castellammare di Stabia e nel 1844 attraverso Pagani, Scafati ed Angri, si giungeva a Nocera.

Contestualmente, nel 1841, iniziavano ad operare le officine di Pietrarsa -che oggi sono la sede del più importante Museo Ferroviario d'Italia- per la fabbricazione di locomotive e vetture.



A Napoli anche la prima metropolitana d'Italia



La prima ferrovia d'Italia è soltanto uno dei tanti primati che la città detiene in campo ferroviario.
Napoli è la città che ha visto, prima in Italia, un tram (1876), una funicolare, quella del Vesuvio, (1880).
Il tratto passante Gianturco-Campi Flegrei (1920) viene definito
"Prima metropolitana d'Italia".



Ma è impreciso.
A Napoli -seconda al mondo, dopo Londra- i treni vanno sottoterra dal 1889, anno in cui entrò in funzione la ferrovia "Cumana", una linea urbana sotterranea che, partendo dal cuore della città, Montecalvario, raggiunge Bagnoli, Pozzuoli e Cuma.
La "Cumana" è tuttora in esercizio e, insieme alla "gemella" Circumflegrea, quest'ultima dal 1962, svolge un ruolo essenziale per la mobilità dell'area occidentale di Napoli.
Ecco cosa scriveva un giornale dell'epoca all'indomani dell'apertura della "Cumana":

Alle 6 del pomeriggio, il fischio della vaporiera echeggiò sotto la collina di Sant’Elmo e di Posillipo,con l’apertura del primo tratto della nuova ferrovia Napoli-Pozzuoli-Cuma. L’apertura di questa linea convertirà Pozzuoli e le isole di Ischia e Procida in altrettanti rioni di Napoli. il commercio e leindustrie se ne avvantaggeranno oltre ogni credere. Il punto di partenza di questa ferrovia è nel cuore di Napoli, al largo Montesanto. Ivi sorge uno svelto ed elegante fabbricato ad uso di stazione, opera dell’ing. Antonio Liotta. La ristrettezza dello spazio ha obbligato a costruire parte dei binari, necessari al servizio di una stazione, in galleria. Oltrepassata la collina di S. Elmo, si esce sul Corso Vittorio Emanuele in prossimità delle Quattro Stagioni. Ivi è la prima fermata, con un percorso all’aperto di circa trecento metri, indi si ritorna in galleria, per attraversare la collina di Posillipo con un traforo di 1.050 metri in tufo. Usciti dalla galleria di Posillipo, a Fuorigrotta è la seconda fermata. La linea di seguito, fino alle Regie Cave di Scogli a Pozzuoli, non presenta particolarità alcuna in quanto a costruzione. Fra pochi mesi si pera di completare la linea fino a Torregaveta, attraversando pure il traforo della Real Cava di Scogli di Pozzuoli, costeggiando quindi il lago Lucrino ed il lago Fusaro. A Torregaveta si costruirà un porticino dove potranno approdare i vaporetti di Procida e di Ischia, così il percorso da Montesanto a Ischia potrà effettuarsi in meno di un’ora.
La lunghezza totale della linea sarà di circa venti chilometri; il tratto che ieri s’inaugurò è di nove chilometri. La pendenza massima è del 15 per mille, il raggio minimo delle curve è di 250 metri
"

NAPOLI-ROMA, il primo passante

Il Capoluogo partenopeo è collegato con la Capitale da ben tre linee ferroviarie.
In ordine di tempo, la prima, in funzione già dalla fine del 19esimo secolo, è quella via Caserta- Cassino; la terza è la linea Alta Velocità, in esercizio da dicembre 2005.
Per lunghi tratti queste due linee si sviluppano quasi parallelamente e si intersecano in tre punti (Frosinone, Cassino e Caserta).
Iniziarono nei primi anni del 1900 i lavori per la costruzione della linea "Direttissima",
Napoli-Roma via Villa Literno, Formia, Latina; sospesi durante la I° guerra mondiale, furono completati il 28 ottobre 1927.
Per il tratto finale verso Napoli, furono proposte due soluzioni:
1) Aggiramento a nord della città, via Aversa, e ingresso diretto in Stazione Centrale
2) Ingresso da ovest, via Pozzuoli; dalla stazione Campi Flegrei attraversamento della citta' in sotterranea.
Entrambe le soluzioni furono realizzate con precedenza al tratto via Pozzuoli-Campi Flegrei-Mergellina che entrò in funzione il 20 settembre 1925.
E' quello il primo passante ferroviario sotterraneo italiano.

Due immagini, esterno ed interno, della splendida stazione Centrale di Napoli di una volta


L'altro itinerario fu completato contestualmente all'apertura della "Direttissima".
La linea era inizialmente elettrificata in corrente continua (650 volt)con alimentazione da terza rotaia; nel 1930 iniziarono i lavori di elettrificazione a 3000 V del nodo di Napoli Centrale che, nel giro di qualche anno, si estesero a tutta la tratta.

Per la realizzazione della stazione Napoli Centrale, in trincea, furono necessari imponenti lavori di scavo; agli inizi negli anni '60 il monumentale edificio fu abbattuto, i binari coperti e la nuova stazione (un anonimo edificio in cemento armato) venne arretrata di un centinaio di metri liberando un ampio spazio, l'attuale Piazza Garibaldi.




Quando il metrò ci salvava la vita


Napoli è sempre in prima linea nelle tragedie e la follia della seconda guerra mondiale, ovviamente, non risparmiò la città.
In quegli anni terribili alcune stazioni sotterranee del passante cittadino divennero anche un sicuro rifugio durante i bombardamenti; in molti, noi napoletani dobbiamo la vita al nostro "vecchio" metrò.

Nonostante siano passati tanti anni ho ancora ben in mente i disagi, le paure e le sofferenze patite durante il periodo della seconda guerra mondiale. Non sarà mai possibile dimenticare il suono delle "sirene" che in qualsiasi ora del giorno e della notte, annunciavano l'arrivo degli aerei "nemici" che avrebbero bombardato la città. Quel suono significava scappare e raggiungere nel più breve tempo possibile un rifugio, più o meno sicuro.
Abitavo in Vico Buongiorno, alla Sanità, alle spalle del Museo Archeologico Nazionale e da lì era sufficientemente agevole raggiungere la stazione "Cavour" della sotterranea (così i napoletani chiamavano, e, talvolta, continuano a farlo, il metrò), che veniva considerato il posto più sicuro. Con sgabelli pieghevoli in spalla scendevamo fin giù ai binari in attesa del sospirato cessato allarme,

ma non si contavano le volte che ad un cessato allarme faceva seguito, nel giro di pochi minuti, un nuovo attacco segnalato dalle sirene.
E, allora, di nuovo giù nel metrò.
. Niente luce, freddo e umido, il tempo passava chiacchierando e fumando. Dolci ai bimbi in attesa che si addormentassero. Il servizio metropolitano cessava durante i bombardamenti, per poi riprendere, più o meno regolarmente successivamente.
Un tardo pomeriggio del 1° marzo 1943, all'uscita dalla stazione, trovammo un cordone di militari che ci impedì di accedere al nostro rione. Molte case, tra cui la mia, erano state distrutte.
Aumentarono i disagi, ma la metropolitana ci aveva salvato la vita.


Vincenza N.



MUSEO FERROVIARIO DI PIETRARSA, NAPOLI



Il 22 Maggio 1843 il re Ferdinando II di Borbone emanò il seguente editto:
“E’ volere di Sua Maestà che lo stabilimento di Pietrarsa si occupi della costruzione delle locomotive, nonché delle riparazioni e dei bisogni per le locomotive stesse degli accessori dei carri e dei wagons che percorreranno la nuova strada ferrata Napoli-Capua”.

Quattro anni prima era entrato in funzione il primo tratto ferroviario italiano (ma è più preciso dire che a Napoli i treni c'erano già prima che nascesse l'Italia), da Napoli a Portici.
Pietrarsa è uno dei luoghi simbolo della storia delle Ferrovie dello Stato Italiane. Da quelle officine, situate in un’area inizialmente chiamata “Pietra Bianca” e in seguito “Pietrarsa” dopo un’eruzione del Vesuvio che aveva portato la lava fino a quel punto della costa, nel 1845 si costruirono le prime sette locomotive: Pietrarsa, Corsi, Robertson, Vesuvio, Maria Teresa, Etna, Partenope. Quello stesso anno lo Zar Nicola I di Russia visitò le officine e ordinò al suo ingegnere Echappar di rilevare la pianta dello stabilimento affinchè venisse riprodotta nel complesso industriale di Kronstadt in costruzione in Russia. Nel 1853 erano 700 gli operai impiegati nello stabilimento che lavorerà a pieno regime fino al 1947; dopo il secondo conflitto mondiale, la diffusione delle locomotive diesel ed elettriche segnò il declino delle locomotive a vapore che verranno utilizzate solo per il trasporto merci e per servizi sussidiari. Pietrarsa verrà adibita esclusivamente alla riparazione delle poche locomotive a vapore rimaste in circolazione, fino alla chiusura definitiva del 15 novembre 1975

Il Consiglio di Amministrazione delle FS nel 1977 deliberò la trasformazione in Museo dell’ex Opificio borbonico: Pietrarsa diventerà sede del primo Museo Nazionale Ferroviario che verrà inaugurato nel 1989 in occasione delle celebrazioni per i 150 anni delle Ferrovie Italiane. Completamente ristrutturato, dal 31 marzo 2017 è a disposizione dei visitatori, il primo dei quali è stato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, arrivato (e come, altrimenti?) in treno: "Frecciarossa 1000" Roma-Napoli per poi proseguire con il treno presidenziale fino a Pietrarsa.

Il complesso museale di Pietrarsa si estende su un'area di 36.000 metri quadrati, dei quali 14.000 coperti.
Non c'e' niente di paragonabile in Europa e forse nel mondo.