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Zimbabwe, da Harare a Bulawayo


"Non c'e' treno che non prenderei, non importa dove sia diretto"



"Il servizio è strategicamente progettato per collegare le maggiori città del paese in modo tale da offrire un affidabile e conveniente modo di trasporto (come in Svizzera, n.d.r.); è svolto di notte consentendo ai passeggeri di dormire durante il viaggio".
Questa la "mission" della NRZ, National Railways of Zimbabwe, come si legge anche sul sito ufficiale.
Utilizzerò la rotaia, la modalità di trasporto che preferisco, per spostarmi da Harare, la Capitale, a Bulawayo, seconda città e centro commerciale del Paese.

Ad Harare -lo Zimbabwe sarà 100trentesimo Paese sovrano in cui metto piede- arrivo il pomeriggio del 27 dicembre 2019, dopo un lungo ed articolato viaggio in aereo provenendo dall'Asia sudorientale.
E, come sempre, la meta del primo giro esplorativo in una città che non conosco, è la stazione ferroviaria: qui è uno splendido edificio, ben tenuto, in stile coloniale che si affaccia su un ampio piazzale. Evidente la mano degli inglesi. Come evidente è loro "mano" nel disegno urbanistico della città.
Nell'ingresso principale le informazioni arrivi/partenze scritte a mano con il gesso su una lavagna verde. Due soli i treni programmati quel giorno: alle 20,00 per Bulawayo; alle 21,30 per Mutare, verso est, quasi al confine con il Mozambico. E sono le uniche destinazioni a disposizione, tre volte a settimana. Non esiste alcun servizio extraurbano.
L'ottima rete, in gran parte elettrificata, costruita a suo tempo, adesso cade a pezzi. Circolano vecchie carrozze sulle quali la scritta "Rhodesia Railways" è stata sostituita da "NRZ", trainate da pochi locomotori diesel, spesso guasti, con oltre conquant'anni di vita.

Passeggio tranquillamente sull'ampio marciapiede del primo binario tra molti viaggiatori
già in attesa del loro treno notturno; facile socializzare con la gentilissima signora dell'ufficio informazioni, che risponderà a tutte le mie domande e mi accompagnerà in biglietteria.
Mi risparmiano la lunga fila invitandomi direttamente nell'ufficio del responsabile del servizio. Pochi secondi e tre parole per rompere il ghiaccio; il linguaggio del treno è universale e accomuna. Potremmo dialogare per ore, senza annoiarci.
Infine, le informazioni pratiche sul mio viaggio: il treno per Bulawayo parte tre volte a settimane; è un convoglio unico (tecnicamente una "navetta") che fa la spola tra le due città. E' composto da otto carrozze definite "economy" e "standard", più una "cuccette", in coda, riservata allo staff (ferrovieri e personale della sicurezza in scorta al convoglio).
Mi garantiscono che avrò a disposizione, il giorno 29/12, un intero scompartimento sulla carrozza cuccette.
L'iniziale idea di chiedere il permesso di viaggiare assieme ai macchinisti, stavolta ho preferito "abortirla". Sono (ne saranno molte di più...) 13 ore di viaggio notturno per percorrere 440 km. Meglio uno scompartimento riservato.



I due giorni intensissimi ad Harare passano in fretta e domenica 29 dicembre alle 18,00 sono in stazione. Solita lunga fila alla biglietteria, ma l'unico bianco straniero in partenza quel giorno ha il solito canale riservato, e porte aperte negli uffici. Promessa mantenuta: effettivamente mi viene assegnato un intero scompartimento a due cuccette, nell'ultimo vagone. L'attesa della partenza la trascorrerò piacevolmente nell'ufficio informazioni, resistendo alla tentazione di fare il "buffone" col microfono.
Starò invecchiando?

Alle 19,45 a bordo. Carrozza e scompartimento sono in pessimo stato, ma quel che mi interessava era star solo.
E così è.
Partenza prevista ore 20,00, orario di arrivo, da programma, a Bulawayo ore 09,00.
"Ma spesso giunge a destinazione con un paio di ore di ritardo" -mi mette in guardia il capotreno-
Poco male, mi godrò due ore in più di panorama dal treno.
E alle 20,00, con puntualità svizzera, il treno -"sin prisa (ed inizialmente) sin pausa"- si muove.
E' già buio e, purtroppo, vedrò poco o nulla dal finestrino; avrei voluto almeno riconoscere
il villaggio visitato il giorno prima, attraversato da quella linea: impossibile.
Quattro chiacchiere con i conduttori, peraltro molto indaffarati; più rilassati i due
(una donna ed un uomo) della sicurezza privata a bordo. Mi illustrano qualche accorgimento supplementare per bloccare la porta dello scompartimento in modo da respingere eventuali tentativi di intrusione, ma mi garantiscono che posso star tranquillo, perché veglieranno loro. Non percepisco pericoli, ma metterò in atto anche le mie solite procedure di sicurezza.
Non serviranno.
Lo sferragliamento ruote/binario, tutt'altro che fastidioso, concilia il sonno. E riuscirò a dormire, sebbene ad intervalli irregolari, interrotto spesso da brusche frenate e insoliti rumori.
Lunghe soste in mezzo al nulla, ma il viaggio procede sereno. Verso le 06,00 piena luce
e finalmente posso ammirare il meraviglioso panorama. Un occhio al Gps e rilevo che dopo dieci ore non abbiamo percorso nemmeno metà strada. Alle 07,00 siamo ancora a Kwekwe e la quasi certezza che non arriveremo nemmeno con le canoniche due ore di ritardo ottiene immediato riscontro dal capotreno:
"Saremo a Bulawayo intorno alle 12,00".

Ma alle 8,30, in piena campagna, l'ennesima sosta:
"Si è rotto il locomotore"
"..."
"Dobbiamo aspettare che ne parta uno da Gweru e ci venga a rimorchiare"
"Aspettare quanto?"
"Almeno due ore".
"..."

Dopo "soli" 45 minuti, invece, ripartiamo procedendo, se possibile, ancor più lentamente; Il capotreno, gentilissimo, mi comunica che "purtroppo", quel disguido causerà un ulteriore ritardo e non arriveremo a destinazione prima delle 13,00. Non ci voleva molto per comprenderlo, e altro da fare non resta che buon viso a cattiva sorte. La vista dal finestrino è affascinante, così come le scene di vita che ho il privilegio di ammirare ad ogni sosta, in stazione o in mezzo al nulla, come spesso accade.
A Gweru, la città più grande tra i due capolinea, la possibilità di acquistare acqua e del cibo: "Sadza (il piatto unico dello Zimbabwe...) per tutti, come se non ci fosse un domani".
Nella stazione successiva Somabhula, nodo ferroviario da dove si dirama la linea verso sud incorciamo tn treno fermo nell'altro binario diretto a Chiradzi: ripartiremo prima noi o loro? Nessuno dei due. I minuti passano; confusione, concitazione. Finalmente è chiaro. Il locomotore del "Chiradzi" è guasto, agganceremo noi quel convoglio e lo riporteremo a Bulawayo.
"E i passeggeri diretti a Chiradzi che faranno?" -mi chiedevo-
Lo scoprirò presto.
Una lunga e articolata operazione di movimento&agganciamento e il nostro convoglio da otto diventa a sedici vagoni; ripartiamo, ma dopo una decina di km circa, l'ennesima sosta, in campagna, nei pressi di un passaggio a livello. Gran parte dei passeggeri dell'altro treno,
quelli diretti a Chiradzi, scendono rapidamente i loro enormi bagagli e tentano di fermare i veicoli diretti verso sud. Da quel che ho visto, inizialmente, con poca fortuna...
Verso le 16,15 un'enorme fabbrica di materiali per l'edilizia -"La più grande dello Zimbabwe", mi dicono- segna l'ingresso a Bulawayo.
Ci siamo. Quasi.
Ulteriori quattro stazioni e relative lunghe soste per consentire la discesa dei passeggeri e dei loro grandi e pesanti bagagli. A poche centinaia di metri dalla meta, in curva, il treno ferma ancora. Vedo la stazione, ma siamo bloccati; qualcuno comincia a scendere e altre persone lasciano il convoglio e si avviano sui binari, in direzioni diverse. Provo a scendere anch'io, ma sono convinto a rimanere a bordo dal capotreno:
"Tra pochi istanti ripartiamo".
I pochi istanti diventano minuti, sto per perdere la pazienza, quando un convoglio in uscita dalla stazione, libererà un binario per noi. Urlo:
"Partono e arrivano due treni al giorno, questo è in ritardo di nove ore e si ricordano adesso di liberare un binario??".
Non ci fa caso nessuno; mi stupisce l'incredibile rassegnazione con la quale quella gente accetta le cose.
Infine, poco dopo le 17,30, il treno termina la sua corsa.

Non è stato il viaggio più lungo -32 anni prima di Greta (...) ho percorso, senza cambi, a bordo del mitico "Viking Express", la tratta Stoccolma-Parigi- e nemmeno il più faticoso -che resta, ineguagliabile, il viaggio in un carro merci del treno del ferro in Mauritania- ma pure questo Harare-Bulawayo resterà scolpito per sempre nella mia memoria.

Sono stato in Zimbabwe a dicembre 2019