Da Yerevan ad Ancona


"Via terra, cielo e mare"


Yerevan, Armenia. Ultimo step, il rientro a casa. Tra i molteplici itinerari, ho scelto questo:

09/04 Da Yerevan (Armenia) a Gyumri, treno
10/04 Da Gyumri a Kars (Turchia), taxi/taxi collettivi
11/04 Kars-Ankara, aereo; Ankara-Istanbul, treno
12/04 Istanbul-Prishtina (Kosovo) aereo; Prishtina-Pejë in treno
14/04 Pejë-Bijelo Polje (Montenegro), minibus
15/04 Bijelo Polje-Podgorica, treno; Podgorica-Herceg Novi, bus
16/04 Herceg Novi-Dubrovnik (Croazia)/Dubrovnik-Spalato, bus; Spalato Ancona, traghetto
17/04 Ancona


Interamente via terra e mare sarebbe stato più interessante, ma la mancanza di tempo mi ha costretto ad accorciare le distanze con due tratte aeree.

A Yerevan da Minsk, con un Embraer di Belavia, scortato da caccia russi, atterraggio alle prime luci dell'alba del 9 aprile. "Questioni" con i tassisti e i loro metodi mafiosi in servizio all'aeroporto (con me, per questi, è persa in partenza), ma comunque in tempo per non perdere quello delle 7,55 per Gyumri. Un bell'elettrotreno di fabbricazione russa; magari un po' lento (3h e 10' per percorrere circa 120 km), ma comodo. Bell'atmosfera a bordo e tante chiacchiere con gli altri passeggeri, incuriositi dalla presenza -l'unico quel giorno- di uno "straniero" vestito peggio di loro. Alle 11,05, e ci mancherebbe, puntuale a destinazione.
Proficua visita della seconda città più grande dell'Armenia, confortato anche dalla giornata di sole, e il mattino seguente il lungo e articolato viaggio verso la Turchia, meta: Kars. In realtà, basta guardare una mappa, sarebbero solo 80 km di strada, ma le ferite ancora aperte del genocidio armeno durante la prima guerra mondiale sembrano lontano dall'essere sanate. E questo comporta, tra l'altro, che il confine Turchia-Armenia sia, almeno ufficialmente, chiuso. Qualcosa e qualcuno, mi hanno detto, passa, ma, per una volta, ho resistito alla tentazione di finire "in mezzo alle chiavette".
E dunque, per sconfinare da un paese all'altro bisogna, attraversare la Georgia e i chilometri diventano 340. Naturalmente lo sapevo ed, anzi, è proprio questo uno dei motivi per cui ho scelto questo itinerario. Individuato il tassista "giusto", partiamo verso le 10,30. Nessun problema alla frontiera Armenia-Georgia, a parte un "rimprovero" (!) per non aver pronunciato correttamente il cognome del georgiano in forza forza al Napoli.
"...Zchelia", la zeta si deve sentire"!
"Va bene, però Forza Napoli sempre!"
"Sempre!"


Dal confine ad Akhaltsikhe assieme ad un'impiegata della dogana che aveva appena terminato il turno, a costo quasi zero. Ero già stato ad in quella città a luglio 2018, stavolta non c'era tempo (e nemmeno voglia, in verità) di fermarmi.
Venti km dal confine con la Turchia percorsi in poco più di mezzora (esclusa sosta per una deliziosa cachapuri accompagnata -e da cosa altrimenti?- Borjomi in vetro) con un simpatico tassista, tifoso di Kvara, e -da quel momento- anche del Napoli che si stava aèèrestandoa diventare Campione.
Non passano molti "stranieri" da quella frontiera, soprattutto in bassa stagione. Solo curiosità e sorrisi, sia dal lato georgiano che turco. Un passaggio fino a Pafos, il primo centro abitato di una certa rilevanza che si incontra dal lato turco e, infine, 150 km in taxi, i primi cinquanta tra nebbia, vento, neve e ghiaccio per la mia destinazione.
Un posto di blocco all'ingresso di Kars e l'atmosfera diventa ben presto pesante; il volto preoccupato del tassista non è rassicurante, il mezzo viene fermato e il motivo lo scoprirò solo dopo qualche minuto: documenti dell'auto non in ordine, nulla che afferisce allo "straniero". Chiarito il problema, in pochi minuti a destinazione.
Visita serale della città, una delle tante perle della Turchia orientale, ottimo cibo e il miglior knafè mai assaggiato. Il mattino successivo altro giro in centro, in stazione e al castello e alle 14,00 un 737-800 di AnadoluJet, in meno di due ore mi condurrà ad Ankara, l'intrigante Capitale turca, visitata come meritava nel 2017. Solo di passaggio stavolta, dall'aeroporto alla stazione ferroviaria, per salire a bordo di una carrozza business del treno Alta Velocità 81027 delle 18,20 per Istanbul. Spettacolare la stazione di Ankara, superbo il servizio ferroviario.
Arrivo, poco prima delle 22,00, in perfetto orario, a Pendik, la stazione principale sul versante asiatico di Istanbul.





Un breve giro nella parte orientale della città, il mattino successivo da Saw (lo scalo asiatico della megalopoli turca), ancora con Anadolujet, per Prishtina, pagato poco più di 50 euro.
La Capitale del Kosovo è rimasta come la ricordavo: viva, piena di attività, tanti giovani, bellissimi locali per fermarsi a prendere un caffè o un té. Stavolta non mi fermerò che per poche ore perché la meta è Pejë in treno, tra lo stupore di un tassista che tentava di convincermi fino allo sfinimento (il suo...) che con quel mezzo sarebbe stato un viaggio lungo e sconfortevole, mentre con soli 50 euro, poi diventati 40, infine 35, mi avrebbe portato lui in un'ora.
Non poteva sapere che io amo il treno.
Viaggio, come prevedile, che non ha deluso le mie aspettative. Pejë città gradevole, ospitale, ottimo cibo, prezzi stracciati. Due giorni ben spesi.

La mattina del 14 aprile, tre ore di strade di montagna attraversando la frontiera con il Montenegro per giungere a Bijelo Polje e la mattina successiva un'altra tratta in treno, fino a Podgorica, sulla direttrice Belgrado-Bar. Un viaggio lento, ma spettacolare, in prima classe da solo, in un comodissimo ed elegante scompartimento da sei posti, in Italia ormai da tempo non più in uso.
A Podgorica ero stato una notte a gennaio 2010, di ritorno dal mio ultimo viaggio pre-Covid. Forse meriterebbe una visita più approfondita, ma non questa volta, per mancanza di tempo. Ma c'è, invece, quello per un altra porzione di ćevapi.
In bus per Herceg Novi, dove trascorrerò la notte del 15 aprile. Bella città, una possibile e valida alternativa per coloro che in estate invadono la Croazia.





Infine a Spalato via Dubrovnik; begli scorci, peraltro a me noti, dal finestrino in prima fila sul Flixbus, ma l'obiettivo era percorrere il nuovo ponte "Pelješki most", l'infrastruttura, progettata da un ingegnere sloveno, costruito da un'impresa cinese che permette di evitare evitare lo sconfinamento in territorio bosniaco.
Alle 18,00 a Spalato, il tempo per due foto al treno in arrivo da Kastel Stari e poi undici ore sul Moby Zazà della Snav, l'eccellente compagnia di navigazione napoletana, che mi ha riservato un trattamento di riguardo, per passare da una sponda all'altra dell'Adriatico.

Alle 07,00 del 17 aprile, in perfetto orario la nave attraccava nel porto di Ancona; terminava nel porto del capoluogo dorico, dopo centoquarantacinque giorni, il mio secondo giro intorno al globo


























La splendida vista del porto e della città di Ancona, ripresa dal ponte del Moby Zazà, la mattina del 17 aprile